Da sempre, il giardino ha un ruolo fondamentale nel percorso e nello sviluppo della civiltà, esprimendo la relazione esistente tra una civiltà e il suo ambiente naturale. Per stare bene, infatti, abbiamo bisogno di intimità e protezione, ma anche di spazi aperti e natura. Essere circondati da piante e fiori genera risposte fisiologiche come una maggiore attività cerebrale e una riduzione degli ormoni dello stress.
Nel Medioevo, il giardino (hortus conclusus) è uno spazio al servizio della mente, luogo di meditazione e raccoglimento spirituale, incarnazione terrena del paradiso, ricerca dell’ideale.
Nel nostro piccolo, una passeggiata in giardino diventa un’occasione per illuminare la mente e aumentare la conoscenza di sé e del mondo che ci circonda. E quale migliore metafora, se non quella della luce, per significare la conoscenza? Basti pensare all’Illuminismo, la cui vocazione principale era quella di ‘illuminare’ la mente degli uomini, ottenebrata dall’ignoranza e dalla superstizione. Troppa luce, però, può diventare accecante: ecco che allora entrano in gioco le piante e gli alberi del giardino, che con i loro rami e le loro foglie filtrano la luce diretta del sole.
Scopriamo così il potere dell’ombra, che, intesa come opportuna progettazione della luce, dà forma, prospettiva e profondità a ciò che ci circonda.
Ma il termine hortus, corrispondente latino del nostro ‘giardino’, presenta anche un altro significato, indicando un piccolo appezzamento di terra coltivato a fini alimentari con ortaggi e piante da frutto. Oggi, soprattutto nei Paesi industrializzati, la produzione di massa ci ha abituati a ‘raccogliere’ frutta e verdura dai freddi scaffali di un supermercato. Unendo attività pratica e attività contemplativa, l’orto si trasforma così in una straordinaria opportunità per riconciliarsi con le proprie radici, attraverso la (ri)scoperta dei ritmi della natura e dei gesti dei nostri predecessori, provvedendo non solo al nutrimento del corpo, ma anche e soprattutto a quello dell’animo.