manifesto dell'abitare
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Studio
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Lavorare è meno noioso che divertirsi.

Charles Baudelaire

Lavorare è meno noioso che divertirsi.

Charles Baudelaire

Una grande finestra ad arco in stile catalano si apre sullo studio di San Girolamo, intento alla lettura come un dotto umanista, raffigurato nel celebre dipinto di Antonello da Messina. Lo studio è composto da una specie di vano rialzato di tre gradini, immerso in un’ampia costruzione gotica con a destra un portico rinascimentale; si respira un’atmosfera austera, solenne e sembra quasi di sentire il rumore dei pensieri del monaco erudito.

Oggi, questa immagine appare allo stesso tempo attuale e obsoleta: se da un lato l’avvento dello smart working ha trasformato la casa nel luogo di lavoro per eccellenza, dall’altro ci ritroviamo spesso a passare intere giornate seduti davanti a scrivanie improvvisate su tavoli da pranzo o, addirittura, assi da stiro.

Lo studio è quindi delimitato da confini sempre più labili e gli spazi dedicati alla sfera privata e a quella lavorativa, prima distinti, ora si sovrappongono fino a coincidere. Entrambe le sfere subiscono delle interferenze: piccole intrusioni da parte degli altri abitanti della casa, scomode richieste di lavoro durante i momenti dedicati alla famiglia. È necessario considerare le esigenze di tutti gli abitanti della casa grazie a una progettazione degli spazi che soddisfi al meglio le necessità delle distanze e dell’intimità, dando loro nuovi significati.

Come ci ricorda “Abitacolo” di Bruno Munari, lo studio può essere luogo di lavoro, ma anche di svago: basta non aver paura di modificare le nostre stanze, trasformando il lavoro non solo in smart, ma addirittura in fun. Lo studio del futuro prevede allora una zona smart working che permette di lavorare senza interruzioni, e una zona fun working che consente sì di lavorare, ma condividendo gli spazi con gli altri membri della famiglia, in particolar modo quelli che prendono il divertimento più seriamente del lavoro, come figli e nipoti. E potremmo quasi affermare che sono proprio loro ad avere ragione, come se intuissero il significato nascosto nell’origine del termine studio: dal latino studere (aspirare, desiderare intensamente) nell’atto di studiare vi è un qualcosa di profondamente allettante, desiderabile, accattivante.

Una grande finestra ad arco in stile catalano si apre sullo studio di San Girolamo, intento alla lettura come un dotto umanista, raffigurato nel celebre dipinto di Antonello da Messina. Lo studio è composto da una specie di vano rialzato di tre gradini, immerso in un’ampia costruzione gotica con a destra un portico rinascimentale; si respira un’atmosfera austera, solenne e sembra quasi di sentire il rumore dei pensieri del monaco erudito.

Oggi, questa immagine appare allo stesso tempo attuale e obsoleta: se da un lato l’avvento dello smart working ha trasformato la casa nel luogo di lavoro per eccellenza, dall’altro ci ritroviamo spesso a passare intere giornate seduti davanti a scrivanie improvvisate su tavoli da pranzo o, addirittura, assi da stiro.

Lo studio è quindi delimitato da confini sempre più labili e gli spazi dedicati alla sfera privata e a quella lavorativa, prima distinti, ora si sovrappongono fino a coincidere. Entrambe le sfere subiscono delle interferenze: piccole intrusioni da parte degli altri abitanti della casa, scomode richieste di lavoro durante i momenti dedicati alla famiglia. È necessario considerare le esigenze di tutti gli abitanti della casa grazie a una progettazione degli spazi che soddisfi al meglio le necessità delle distanze e dell’intimità, dando loro nuovi significati.

Come ci ricorda “Abitacolo” di Bruno Munari, lo studio può essere luogo di lavoro, ma anche di svago: basta non aver paura di modificare le nostre stanze, trasformando il lavoro non solo in smart, ma addirittura in fun. Lo studio del futuro prevede allora una zona smart working che permette di lavorare senza interruzioni, e una zona fun working che consente sì di lavorare, ma condividendo gli spazi con gli altri membri della famiglia, in particolar modo quelli che prendono il divertimento più seriamente del lavoro, come figli e nipoti. E potremmo quasi affermare che sono proprio loro ad avere ragione, come se intuissero il significato nascosto nell’origine del termine studio: dal latino studere (aspirare, desiderare intensamente) nell’atto di studiare vi è un qualcosa di profondamente allettante, desiderabile, accattivante.