manifesto dell'abitare
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Valore
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Il Gran Kan cercava d’immedesimarsi nel gioco: ma adesso era il perché del gioco a sfuggirgli. Il fine d’ogni partita è una vincita o una perdita: ma di cosa? Qual era la vera posta? Allo scacco matto, sotto il piede del re sbalzato via dalla mano del vincitore, resta un quadrato nero o bianco. A forza di scorporare le sue conquiste per ridurle all’essenza, Kublai era arrivato all’operazione estrema: la conquista definitiva, di cui i moltiformi tesori dell’impero non erano che involucri illusori, si riduceva a un tassello di legno piallato: il nulla… [...]

Allora Marco Polo parlò:  – La tua scacchiera, sire, è un intarsio di due legni: ebano e acero. Il tassello sul quale si fissa il tuo sguardo illuminato fu tagliato in uno strato del tronco che crebbe in un anno di siccità: vedi come si dispongono le fibre? Qui si scorge un nodo appena accennato: una gemma tentò di spuntare in un giorno di primavera precoce, ma la brina della notte l’obbligò a desistere –. Il Gran Kan non s’era fin’allora reso conto che lo straniero sapesse esprimersi fluentemente nella sua lingua, ma non era questo a stupirlo. – Ecco un poro più grosso: forse è stato il nido d’una larva; non d’un tarlo, perché appena nato avrebbe continuato a scavare, ma d’un bruco che rosicchiò le foglie e fu la causa per cui l’albero fu scelto per essere abbattuto… Questo margine fu inciso dall’ebanista con la sgorbia perché aderisse al quadrato vicino, più sporgente…

La quantità di cose che si potevano leggere in un pezzetto di legno liscio e vuoto sommergeva Kublai; già Polo era venuto a parlare dei boschi d’ebano, delle zattere di tronchi che discendono i fiumi, degli approdi, delle donne alle finestre…

Italo Calvino

Il Gran Kan cercava d’immedesimarsi nel gioco: ma adesso era il perché del gioco a sfuggirgli. Il fine d’ogni partita è una vincita o una perdita: ma di cosa? Qual era la vera posta? Allo scacco matto, sotto il piede del re sbalzato via dalla mano del vincitore, resta un quadrato nero o bianco. A forza di scorporare le sue conquiste per ridurle all’essenza, Kublai era arrivato all’operazione estrema: la conquista definitiva, di cui i moltiformi tesori dell’impero non erano che involucri illusori, si riduceva a un tassello di legno piallato: il nulla… [...]

Allora Marco Polo parlò:  – La tua scacchiera, sire, è un intarsio di due legni: ebano e acero. Il tassello sul quale si fissa il tuo sguardo illuminato fu tagliato in uno strato del tronco che crebbe in un anno di siccità: vedi come si dispongono le fibre? Qui si scorge un nodo appena accennato: una gemma tentò di spuntare in un giorno di primavera precoce, ma la brina della notte l’obbligò a desistere –. Il Gran Kan non s’era fin’allora reso conto che lo straniero sapesse esprimersi fluentemente nella sua lingua, ma non era questo a stupirlo. – Ecco un poro più grosso: forse è stato il nido d’una larva; non d’un tarlo, perché appena nato avrebbe continuato a scavare, ma d’un bruco che rosicchiò le foglie e fu la causa per cui l’albero fu scelto per essere abbattuto… Questo margine fu inciso dall’ebanista con la sgorbia perché aderisse al quadrato vicino, più sporgente…

La quantità di cose che si potevano leggere in un pezzetto di legno liscio e vuoto sommergeva Kublai; già Polo era venuto a parlare dei boschi d’ebano, delle zattere di tronchi che discendono i fiumi, degli approdi, delle donne alle finestre…

Italo Calvino

In generale il valore della casa dipende dalle dimensioni, dalla caratura estetica e dalle coordinate geografiche, inclusa la distanza da altre abitazioni.

Le caratteristiche oggettive però aprono le porte a tutt’altra attribuzione di valore, quella relazionale. Poter usufruire di uno spazio sufficiente, in un posto che ci piace, permette di costruire relazioni soddisfacenti al suo interno e all’esterno.

Il valore complessivo di una casa, quindi, è dato dai valori racchiusi in ciascuna delle stanze che la compongono, misurati sia in termini fisici che relazionali. Per chi ha dimestichezza con la matematica, la formula riportata nella pagina a fianco è piuttosto chiara. Per gli altri, facciamoci guidare da Kant, secondo cui lo spazio è «la possibilità dell’essere insieme».

Ecco che il valore misurato in termini fisici si fa condizione necessaria ma non sufficiente per l’attribuzione di valore di un’abitazione (Metri quadris). Infatti, sono le forme sociali dell’abitare che le forme fisiche ospitano ad assumere maggiore rilevanza (Relazionis). Una casa grande in un bel posto è una buona partenza ma saranno le relazioni costruite nel tempo al suo interno e con l’esterno che ne determineranno il valore complessivo. E con lo stare assieme kantiano s’intende la relazione con le persone, ma anche con gli oggetti, con gli animali e con le piante, come indicano le stanze del nostro laboratorio.

Per dimostrare l’importanza del valore delle relazioni pensiamo all’eredità. Generalmente, la casa è uno dei primi beni che associamo a questo concetto. Altrettanto frequentemente ne identifichiamo il valore lasciato in eredità in termini fisico-spaziali: di nuovo, le dimensioni, le coordinate e così via.

Ma il valore lasciato in eredità è composto anche e soprattutto da relazioni. Questo spiega la difficoltà a vendere la casa lasciata in eredità dei genitori o al contrario la fretta nel separarsene, se custode di ricordi negativi. Pensiamo anche al valore delle abitazioni che hanno dato i natali a figure di spicco.

Per questi motivi l’interesse dei progettisti non deve risiedere solo nelle forme abitative ma anche nelle forme dell’abitare: ci si deve chiedere, ogni volta, cosa si sta lasciando in eredità.

In generale il valore della casa dipende dalle dimensioni, dalla caratura estetica e dalle coordinate geografiche, inclusa la distanza da altre abitazioni.

Le caratteristiche oggettive però aprono le porte a tutt’altra attribuzione di valore, quella relazionale. Poter usufruire di uno spazio sufficiente, in un posto che ci piace, permette di costruire relazioni soddisfacenti al suo interno e all’esterno.

Il valore complessivo di una casa, quindi, è dato dai valori racchiusi in ciascuna delle stanze che la compongono, misurati sia in termini fisici che relazionali. Per chi ha dimestichezza con la matematica, la formula riportata nella pagina a fianco è piuttosto chiara. Per gli altri, facciamoci guidare da Kant, secondo cui lo spazio è «la possibilità dell’essere insieme».

Ecco che il valore misurato in termini fisici si fa condizione necessaria ma non sufficiente per l’attribuzione di valore di un’abitazione (Metri quadris). Infatti, sono le forme sociali dell’abitare che le forme fisiche ospitano ad assumere maggiore rilevanza (Relazionis). Una casa grande in un bel posto è una buona partenza ma saranno le relazioni costruite nel tempo al suo interno e con l’esterno che ne determineranno il valore complessivo. E con lo stare assieme kantiano s’intende la relazione con le persone, ma anche con gli oggetti, con gli animali e con le piante, come indicano le stanze del nostro laboratorio.

Per dimostrare l’importanza del valore delle relazioni pensiamo all’eredità. Generalmente, la casa è uno dei primi beni che associamo a questo concetto. Altrettanto frequentemente ne identifichiamo il valore lasciato in eredità in termini fisico-spaziali: di nuovo, le dimensioni, le coordinate e così via.

Ma il valore lasciato in eredità è composto anche e soprattutto da relazioni. Questo spiega la difficoltà a vendere la casa lasciata in eredità dei genitori o al contrario la fretta nel separarsene, se custode di ricordi negativi. Pensiamo anche al valore delle abitazioni che hanno dato i natali a figure di spicco.

Per questi motivi l’interesse dei progettisti non deve risiedere solo nelle forme abitative ma anche nelle forme dell’abitare: ci si deve chiedere, ogni volta, cosa si sta lasciando in eredità.